15 aprile 2021

La mia prima vita. Parte III


Come eravamo...

 




La passioni si manifestano in noi, fin dalla più tenera età.
Ci si depositano nell'anima e non ne escono più.
Arrugginiscono dentro come una patina stantia. 
Bella ma scricchiolante.

Avevo la passione di decorare arredare dipingere.
Da sempre. Sin da appena ho dei ricordi.
Leggere e scrivere era una parte di me. Ne ero composta..
Forse perché nel mio mondo silenzioso 
quella era una cosa che si poteva fare da soli, 
riuscendo nello stesso tempo a viverne mille altre di vite.
Vivevo la mia così.
Molti ragazzi da piccoli stanno chiusi nella loro cameretta 
e cercano di dimenticarsi che fuori il mondo esiste e gira.
Io però oltre a questo,
avevo un mondo fuori che volevo conoscere. Anche se mi terrorizzava.
E poi per com'ero fatta avevo troppe distrazioni maschili.
Nel senso che se passavo da un bar o da una piazza.
Mi ricordo Malena.
Vi ricordate? Ecco così.

Mi saltavano letteralmente addosso.
Sebbene io cercassi di disfarmene, apparivano come i funghi.
E si insinuavano subdolamente nei miei sogni romantici 
ma loro di romantico non avevano nulla, miravano alle tette.
Non davo nulla se non baci sfinenti.
Lunghi ore, nelle case in costruzione che si ergevano tutte intorno.
Io scappavo e loro mi tendevano delle imboscate.

Una volta gli uomini erano anche molto violenti, 
molto cattivi eravamo noi donne ad aver paura e loro lo sentivano.

C'era un amico di mamma un bancario.
Faceva pure il pittore, ma era uno stronzo.
Ogni volta che arrivavamo ad una nuova estate, 
ero nervosa, 
perché sapevo che il vecchio maiale 
tra l' ilarità di tutti avrebbe allungato le sue manacce 
per sentire se erano cresciute.
E la chiamava la Pesa.
Vien qui che ti faccio la Pesa. Guaiva lascivo.
E tutti a ridere, compresa mia madre, 
che non ci trovava nulla di male evidentemente 
perché era abituata da sempre alle manacce degli uomini.
Adesso sono gli uomini ad aver paura delle donne.
Prima non era così.

Appena sposata come vi dicevo...
Feci per un periodo la modella.
Non che avessi consapevolezza della mia fisicità
Ero di una timidezza sfacciata.
Uno strano ossimoro che avrei ritrovato in molte donne negli anni futuri.
Mostravo una corazza. 
Era una maschera di forza di ostentazione di sicurezza, 
ma, dentro di me tremava tutto.

Una mia amica una volta e ricordo ancora dove eravamo mi disse sicura.
 Sai io posso avere tutti gli uomini che voglio, so come fare.
Io invece nemmeno il mio riuscivo a tenermene uno.

Ed ero pure impastata di una strana pigrizia 
mista alla leggera scorza di cinismo 
che mi derivava da mio padre.
Alzavo le spalle non lottavo, lasciavo stare. 
Mi riusciva tutto più o meno bene, naturalmente, 
senza tanta fatica, perché mettercela tutta?
Tanto quello che volevo lo ottenevo 
e se non ci riuscivo, me ne fregavo altamente.
Il che faceva si che il tutto fosse una miscela pericolosa.
Specie per gli uomini.
Gli uomini sopratutto gli amici di mio padre, 
ma anche i ragazzi un pò più grandi, 
mi impedivano di occuparmi d' altro 
se non della ricerca dell' Amore della mia vita.

Quando immaginai di averlo trovato, mi ci buttai anima e corpo.
E lo sposai esattamente un anno dopo averlo incontrato. 
Il Primo Gennaio del Millenovecentottantuno.
Si avete capito bene il primo Gennaio.
Lasciai tutto, e presi la valigia. Buttai via tutto il mio passato. 
Accettai tutti i compromessi che non avrei mai creduto di accettare. 
Tipo andare a vivere con la suocera, cambiare città, sposarmi in chiesa 
con un vestito scelto da mia suocera, e i fiori del mazzolino, GIALLI... 
Eppure io OOOdio il giallo.
Non li scelsi nemmeno. Li vidi la mattina del matrimonio.
La parrucchiera che mi faceva i capelli da anni. 
Era basita. 
Guardò il mio vestito e sconsolata mi disse.
Oddio. Questa non sei te.
Sembravo alla prima comunione.

Ebbene sì accettai tutto questo. 
Lui era bello. Bello come pareva a me. 
Sembrava Mark Spitz, un bel motivo per sposarlo eh?
Non sapevo nuotare però.
Non potevamo essere più diversi.
Era, apparentemente, un uomo, adulto. 
In realtà non era ancora cresciuto 
anche se aveva quasi nove anni più di me.
Non sapevo se mi amava, 
e in fondo non mi importava,Credevo come tutte le donne,
 che avrebbe imparato col tempo.
Il fatto che avesse accettato di sposarmi 
mi pareva un regalo enorme.

Sarei andata via da una città di provincia che odiavo,
fuggita da una relazione con un coetaneo che da anni 
schiavizzava la mia vita a suo piacimento.
Di lui non parlerò. E' appena morto.

Nel suo elogio funebre molti dei nostri coetanei 
hanno scritto che era un figo. Perchè?
Perché nel collegio d'elite che frequentavano, 
minacciava spesso di buttarlo giù,
 e di farci un parcheggio di biciclette.
Un deficiente perfetto.
Ed io più di lui.
Meriterebbe un libro a parte, ma non lo merita.


Ma mio marito era un brav'uomo un lavoratore. 
Un uomo che aveva un cuore enorme. 
Punto.
Non aveva mai letto un libro, 
ma conosceva il mondo. 
Era un Playboy in Versilia, le conosceva tutte le star.
Io non sapevo nemmeno cosa era una discoteca.
Mi bruciavano gli occhi.
E preferivo mi bruciassero leggendo.
Non mi faceva mancare nulla.
E sopratutto non si, faceva mancare nulla.
Specie in fatto di donne.


Di lui non parlo perché è ancora vivo e spero campi cent' anni.
La suocera ne ha novantaquattro di anni, ed ora che io e suo figlio 
siamo separati da trentatreanni, 
va dicendo in giro che io sono un tesoro 
e che mi ama come una figlia.
E sono e rimarrò sempre sua nuora.
Lo dice a tutti.
Mio suocero era un quadro di Guttuso vivente.
Un vecchio siciliano col cappello e l'aria da paterfamilias.
Bonario e ruvido, ma di cuore.
Mi voleva bene.
Ma non accettava che io continuassi a studiare, 
dovevo aiutare suo figlio, che non guadagnava abbastanza.
Moderno ma con misura.
Quando uscivamo di casa, mi guardava 
e se ero vestita come a lui non andava, 
mi dava un occhiataccia in direzione della camera.
ANDAVO E MI CAMBIAVO D' ABITO. 
Imprecando tra me e me. 
E CON LE LACRIME CHE MI PUNGEVANO 
COME SPILLI NEGLI OCCHI GONFI 
E PIENI DI LIVORE E FRUSTRAZIONE.
Esplodevo in mille pezzi colorati come in un caleidoscopio impazzito.



Io piango sempre solo di rabbia.

Avevo appena compiuto 22 anni quando mi sposai.
Cambiai città e abitudini. Lasciai mio padre.
Piansi in viaggio di nozze.
Lui credette di dover apparecchiare la tavola anche per me, per anni.
Mio padre, l' uomo che ho più adorato al mondo.

Mi trovai così a dover ricominciare tutto da capo.
E non sapevo che ogni dici anni,
 quello sarebbe stato il mio destino,
 anche per gli altri decenni.
Cambiare TUTTO.


Ma volete davvero che ve la racconti tutta questa favola mia???

Non ho sentito più nemmeno un commento...

La vostra Marzia Sofia





12 aprile 2021

La mia prima vita. Capitolo II

 Essere diversi.

Che cosa vuol dire essere diversi?

Quasi tutti ci sentiamo così.


In questa foto avevo 14 anni.
Così erano mia madre mio padre e mia sorella. Lei ha tre anni meno di me.
(Non so più quasi che fine ha fatto.)
Guardate la mia faccia. Sono sempre stata un po' triste.
O meglio direi incazzata. Non ero mai felice. 
Tutto intorno a me pesava come un macigno. 
Un macigno da cui non avrei mai voluto liberarmi, ma tant'è.
Non avrei voluto esser vestita così. Volevo essere il figlio che mio padre non aveva avuto? Non lo so. Anche mia sorella lo dice. Quindi non mi va di ripetermi. 
Ma ero un maschiaccio.
Fossi stata la figlia della Jolie e di Pitt mi avrebbero accompagnato al percorso per la transizione di genere in men che non si dica.
A me la storia che la gioventù e la fanciullezza, sono le epoche dalla vita in cui si sta meglio, ha sempre fatto irritare. Io non sono mai stata felice del tutto.
Ma anche mai veramente abbattuta. 

Voi dite di riconoscervi in me. Ok
Avevate un paio di genitori che si odiavano? Avevate una sorella che vi detestava? 
Avevate il complesso di essere troppo alte, troppo grosse, troppo povere troppo ricche troppo diverse. Troppo tutto, troppo niente? Eravate sordi?
No. Non credo sappiate cosa vuol dire non sentire bene. E non essere sordi del tutto.
Mio padre e mia madre portavano in dotazione una buona dose di bellezza, ma anche dato il fatto che erano cugini di primo grado, con sé un mare di possibili tare ereditarie. 
Tra cui la sordità. A mia sorella era andata perfino peggio.



Si erano innamorati perché erano belli entrambi. I geni avevano razzolato come matti dentro di loro. Vivevano insieme a Roma ai tempi in cui arrivarono gli americani. Studiavano in Vaticano. Mio padre mi diceva 
"a me quel tipo vestito di bianco mi stava già sui co... allora!"  
Avevano 12 e 13 anni. 
Quando tornarono in Toscana tornarono a vivere nei rispettivi paesi, 
limitrofi ma per allora difficili da raggiungere.
Mio padre racconta che suo padre voleva studiasse violino. 
E lui che lavorava di nascosto si era comprato una bici per correre. 
Voleva correre in bici, mio padre, perché lo zio che era il fratello di sua madre che era il padre di mia madre, era stato un campione di ciclismo ai tempi di Girardengo. 
Mio padre voleva correre come lui.
Adorava lo zio. 
Ma come si dice volgarmente, non c'è cosa più divina che... 
Mio nonno paterno era figlio di una famiglia molto benestante. Ed era anche abbastanza snob nei gusti.
a qual cosa ha saltato una generazione, modestamente.
Sognava altro per lui.
Prese quella bicicletta e la scaraventò giù dalla torretta del palazzo 
e disse testuali parole. "O corri ora se ti riesce!"
Babbo prese le sue cosette e si trasferì dallo zio. 
Dove e non aveva più tredici anni ma appena diciotto.
E fu così che si ritrovo' a convivere con mia madre.
E fu così che successe il patatrac. 
Nessuno della famiglia voleva che si sposassero ovviamente.
Ma gli ormoni fecero la loro parte. 
Erano anche così diversi i miei genitori, quello che piaceva a lei non piaceva a lui e viceversa. Erano paradossalmente diametralmente opposti.
 
Eppure dopo 60 anni di matrimonio, quando quella notte lui è morto, proprio quella notte,il 14 Febbraio 2015 
io sapevo benissimo che si erano amati sempre moltissimo, 
e sapevo che lui si era lasciato morire, solo perché lei non lo riconosceva più.


Che cosa avesse fatto si che si sposassero lo abbiamo capito.
 Ora, che cosa li abbia tenuti insieme per così tanto tempo è cosa assolutamente incomprensibile.

Entrambi dicevano, sicuri. Lo abbiamo fatto per voi.
Ma a noi e qui credo di poter parlare anche per mia sorella, 
sarebbe piaciuto sicuramente di più che non lo avessero fatto. 
E non sto qui a specificare il perché. 
Forse lo spiegherò se mi seguirete nella storia.

Da vecchi si sa, le sicurezze svaniscono come neve sul parabrezza in un giorno di pioggia, ed io non so più, adesso, a distanza di anni che sono morti, 
che cosa fosse accaduto nella loro mente. e nel loro cuore.
Certamente per ribellione, si erano voluti sposare lo stesso. 
Sposare tra cugini. Come si faceva una volta nelle famiglie nobili. 
Per fare approvare la loro unione in chiesa avevano dovuto chiedere ed ottenere la dispensa papale.

Quando ero piccola mi pareva una roba vergognosa. Non la capivo sta roba.
Perché litigavano sempre se si amavano?
Non lo so. Ora da vecchia so, che era anche per colpa di mio padre. 
Pensavo fosse solo colpa di mia madre. 
Come ogni figlia amavo ciecamente mio padre 
ed il fatto di doverlo dividere con mia sorella e con mia madre, 
mi faceva mostruosamente incazzare.

Io sono una così o sono la prima o non combatto. 
Seconda non ho mai voluto essere. 
Nemmeno nelle amicizie. In effetti non ne ho mai avute. 
Io non combatto, mai. O emergo perché valgo, oppure sgomitare non fa per me.
Non mi esce un sorriso di comodo nemmeno se passa il papa.

La mia gioventù è stata lettura, e amore.
Mi innamoravo anche di un palo della luce, e scrivevo poesie.
Non parlavo mai . Ero muta, pressochè.
Mia madre voleva che andassi al Rischiatutto. Ero un pozzo di sapere.
In classe le suore mi mettevano nel banco accanto alla cattedra.
Capite il mobbing.
Entrava qualcuno in classe ed io non mi alzavo. Io ero china sui libri e non sentivo.
La suora veniva vicina e mi prendeva per un orecchio urlando Saaalvestriiiniiii
Tutte ridevano.
E poi ero alta, e avevo la sorella "pazza." Quella che se mi vedeva in corridoio.... 
Urlava, voglio la mi sorellaaa... Io mi nascondevo a rischio di farmi la pipi addosso.
Così mi misero di lato alla cattedra.
Le mie compagne mi dicono adesso che le facevo ridere.
Ero ironica e dissacratrice, dicono che ero una leader. 
A me non sembrava proprio. 
Io leggevo.
E non riportavo i libri nella biblioteca. Mi dovevano minacciare.

Per fortuna mio padre leggeva più di me e nel palazzo dove abitavamo che era del settecento era stato ricavato uno sgabuzzino, Noi abitavamo al piano nobile e sopra si erano chiuse le soffitte per affittarle ad altre famiglie. 
Insomma dietro questa porticina che chiudeva i piani di scale per impedire che si andasse al piano di sopra, Babbo aveva usato i gradini come biblioteca. 
Prima che andassimo a vivere nella casa moderna. 
Io mi chiudevo li. Fino ai dodici anni.
Non vi dico i titoli delle letture di mio padre.
NONSOLOCLASSICI.
Mi prudeva tutto.

Decadente e Leopardiana fino al midollo,
 chiusa nella mia cameretta davanti alle colline immerse nei cipressi
 e col treno che fischiava in mezzo. 
Leggevo Dante e altre amenità. 
E ascoltavo Venditti De Gregori e Baglioni. Le orme La PFM.
Non me ne fregava nulla delle barricate in piazza. Quella era Roma.
 Nella mia cittadina c'era tanta di quella ricchezza che se ne fottevano tutti. 
Vivevo in mezzo ai miliardari, e mi sentivo povera per questo. 
Eppure non stavamo male davvero.
I miei lavoravano entrambi.

Mia madre prese la patente. 
E mio nonno il Campione le disse tuonando.
"Teee vai dove tu voi, ma le bambine e un tu cce le porti."
Avoglia se lei ci portava. 
Si andava al mare da sole noi tre, come che facevo la navigatrice, perché lei non riconosceva le strade. 
Babbo aveva da fare con le corse. Si era rimesso a correre. 
Lui non amava il mare.
Ma la mamma ci portava lo stesso. 
Mi sono sempre chiesta che cosa preferivo per mio figlio, che fosse il primo degli ultimi o l'ultimo dei primi. 
Non so ancora la risposta. 



Era il 1974 0 5 non ricordo
Mi innamoravo di chiunque mi facesse una carezza.
e e se ne accorse anche il prof di...

Insomma lui.
Se ne accorse eccome.
Non voglio parlarne troppo, non merita riconoscimenti.
Era uno stronzo e se dico troppo lo riconoscono. 
Era famoso. Era bellissimo. Era... uno stronzo appunto.
mio padre il mio Eroe, gli spaccò la faccia.
Però se ne accorse dopo. O forse fece appena in tempo.
Fu lui il mio primo uomo. 
Uomo, oddio, se così si può definire 
uno che anche solo guarda una che ha la metà dei suoi anni.
A quella età e a quell' epoca.
BEH
La mia storia è piena di stronzi del genere.
Non ho una bella considerazione del genere maschile.
E forse del genere umano in genere.

Ecco lo sapevo mi sono dilungata.
Mi chiedo ma a chi può fregare della mia storia.
Non so, ditemelo voi, se devo continuare.
Non si possono riassumere in poche parole gli anni che ho vissuto.
Più di 60. Da non crederci.

A presto
Marzia Sofia





Le jardin Il piiù grande giardino shabby della Liguria.

Le Jardin questo è il nuovissimo giardino del ristorante che ho arredato insieme a mio figlio. Era una selva selvaggia aspra e scura come di...